E se non mi avessero subito portato via da Firenze, dove sono nato nel cuore del secolo scorso? Credo che sarei stato nomade comunque. Vent’anni a Padova, dove ho fatto tutte le scuole, dalla materna all’università. Altri anni a Roma, Milano (tanto), Como (ci dormivo e poco più), Trento e infine Borso del Grappa, dove vivo da alcuni anni, una specie di scoglio per naufraghi felici.
Ho avuto la fortuna di aver trovato chi mi pagava per le due sole cose che so fare decentemente: scrivere e parlare. Sono stato inviato speciale e caporedattore di “Avvenire” per quasi tutta la vita; prima, pochi anni insegnando a leggere e a scrivere alle medie e al liceo linguistico; nel mezzo, 21 anni da consulente della Conferenza Episcopale Italiana. Da giornalista ho seguito di tutto, dai viaggi del Papa ai Giochi olimpici, dalle Giornate mondiali della gioventù (sei in tutto) ai Festival di Sanremo. Ho scritto un sacco di commenti ed editoriali. Ho intervistato chiunque e curato rubriche. Ho viaggiato tantissimo. In sintesi ho fatto il più bel mestiere del mondo.
Ho scritto una trentina di libri, tra saggi, biografie e romanzi. I più recenti: l’inchiesta “Perché il gioco d’azzardo rovina l’Italia” (con Daniela Capitanucci, edizioni Ts) e i tre romanzi della saga di Tretronchi: “La notte in cui Carletto non cantò“, “Ritorno a Tretronchi” e “La Compagnia dei Giacomini” (Editrice Àncora), ambientati in un immaginario borgo della pedemontana veneta.
E la radio? Passione antica: ero nel gruppo di ragazzi della padovana Radio Erre Tre, anni Settanta, e poi alla milanese Radio A. E il teatro? Ho frequentato Spazio 14-Teatrincontro a Trento, non per fare l’attore ma per prendere maggiore consapevolezza della mia voce, dello spazio attorno a me e del tempo che ci avvolge.
Sono esordiente a Radio Luce, che spero di contribuire a far risplendere sempre di più.
Umberto
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